La premessa di ogni competizione sportiva è sempre stata “che vinca il migliore”. E così è stato, il migliore ha vinto. Non si è penta-campioni del mondo per caso.
Lorenzo, un mondiale sotto pressione e sempre in salita, fino alla settima perla, settima vittoria di questo mondiale, probabilmente la più difficile della sua carriera, almeno dal punto di vista psicologico. Nel dopogara il maiorchino ha dichiarato: “E’ stato difficilissimo, in gara non vedevo i cartelli, né le posizioni, né i giri e mi sono concentrato solo sul mio ritmo.” Insomma, una scheggia impazzita; come tutti i piloti che condividono quell’ardore, folli ammaestratori di ghepardi meccanici, che faccia a faccia con l’asfalto ne annusano l’odore, durante derapate e pieghe al limite della fisica.
Tuttavia, ogni pilota ha pur sempre il suo stile di guida. Jorge Lorenzo: pilota preciso e impeccabile come pochi altri, meticoloso negli oltre cinquecento giri che compongono il Motomondiale, a parte una piccola sbavatura e un inizio stagione incerto, a Jerez sincronizza il suo orologio e comincia a battere incessante: quattro battiti, quattro rintocchi, quattro vittorie di fila, quattro posizioni recuperate nella classifica mondiale. E non finisce qui.
La costanza del compagno di squadra ne annebbia le gesta, ma ormai é chiaro che Jorge é l’uomo da battere. Quando vince é perentorio, mette un abisso di secondi tra sé e gli altri piloti, soprattutto tra sé e la Rossi – l’araba fenice.
Valentino Rossi. A scrivere la storia ci impiega poco, ancora una volta. Un inizio di stagione inaspettato che brucia ogni proiezione dei bookmakers: Rossi si risveglia dalle sue ceneri per infiammare la notte di Quatar, castiga le nuove leve in Argentina, riscrive le regole delle due ruote all’università del motociclismo, si gusta la pioggia inglese a Silverstone. Il re è tornato. La fenice si è risvegliata dalle sue ceneri. Forte della sua esperienza non scende mai dal podio, ma Lorenzo non è da meno. In seguito alle quattro vittorie di fila e a tre buoni piazzamenti, Lorenzo assapora la vetta mondiale a Brno, il 16 agosto (a pari punti, le cinque vittorie del Martillo pesano di più). Quando Rossi, il 30 agosto, prende lo scettro inglese, sue quarta e ultima vittoria stagionale, tornando primo in gara e in classifica, il sapore della vittoria mondiale è sulle labbra di entrambi. A San Marino si controllano da vicino, si odorano, sbagliano. Lorenzo sbaglia di più e cade, cede undici preziosi punti a Valentino – quinto – che per la prima volta del Motomondiale 2015 non sale sul podio, ma gode della sfortuna altrui e il suo vantaggio sale a 23 punti. Al primo posto c’è il talentuoso e altalenante Marquez, alla sua quarta vittoria annuale, tuttavia fuori dai giochi dopo numerose cadute nelle gare precedenti.
Aragona vede le fiamme della fenice farsi più tenui, il re vuole giocare d’astuzia, non c’è più spazio per colpi di testa, bisogna centellinare i risultati e farsi guidare dall’esperienza, quasi in attesa della fine dei giochi. Lorenzo vince la sua sesta gara, Rossi terzo, le distanze sono 14. L’undici ottobre li attende la prima tappa del tour de force orientale: Motegi. Quando il maiorchino sembra aver imparato ad apprezzare il bagnato, la pista si asciuga come l’oceano di secondi che ha frapposto tra sè e gli avversari nei primi giri. Pedrosa torna sul gradino più alto del podio, Valentino ha un guizzo e si prende la seconda posizione. Jorge, beffato dal destino, vede ancora la vetta allontanarsi 18 punti più in alto. Il diciotto ottobre la costa australiana offre un gabbiano in sacrificio ai centauri della classe regina, regalandoci una gara tra le più spettacolari del motociclismo moderno. Rossi vorrebbe consolidare il suo vantaggio su una pista a lui amica, Lorenzo vorrebbe guadagnare punti importanti per accorciare le distanze, ma altri due protagonisti intercedono in questa sfida: Marquez e un Iannone battagliero come mai. Martillo parte bene, gestisce la testa della gara per quasi la totalità dei giri, ma non riesce a togliersi di dosso il ducatista, Valentino e il numero 93, che duellano ferocemente venti metri più indietro. Poi Marc beffa tutti, finanche Lorenzo all’ultima curva col giro veloce della pista, quinta vittoria stagionale per il campione in carica. Rossi si piega a Iannone, nonostante un ultimo disperato tentativo a due curve dalla fine, perdendo il podio, perdendo 7 punti e forse perdendo la serenità.
Non è più possibile fare conti, 11 punti di vantaggio nella classifica generale potrebbero essere tanti, ma in realtà Jorge fa paura al re. Escluse le tre gare di inizio stagione, da quando è in forma Jorge Lorenzo è arrivato davanti al dottore in otto gare su tredici e, considerata la caduta del maiorchino a San Marino e la sua sfortuna col meteo giapponese, Por Fuera è sempre lì e non sembra affato stanco. Le certezze di Rossi si fanno traballanti, il re delira, parla di congiura ai suoi danni. Se Phillip Island è stata lo yang del motomondiale 2015, Sepang ne è sicuramente lo yin, la parte più oscura. In Malesia il delirio scende in pista: il vituperato Marquez vuole rendere l’attacco a Rossi, non a parole ma con la sua biga aerodinamica, il re si sente calpestato, reagisce e lo sperona. Marc finisce fuori. La vittoria pulita di Daniel Pedrosa è offuscata dalla grigia coltre di quest’episodio, Lorenzo, secondo, precede Valentino. Ora i punti che li separano sono 7, il dottore rimane in vantaggio, ma la sua avventatezza gli costa – giustamente – una grossa penalità: parte ultimo nella gara spagnola di Valencia, il mondiale è ormai segnato.
8 novembre, ultimo atto: Lorenzo parte in pole per trenta giri al limite, durante i quali si trascina dietro le due Honda; la Yamaha del compagno di squadra recupera, ma giunto ai piedi delle posizioni importanti il distacco è ormai troppo elevato e Jorge conquista con fatica, ma senza colpo ferire la settima vittoria. Finisce così uno dei mondiali più avvincenti degli ultimi anni in classe regina, Rossi quarto e Lorenzo primo. Il black mamba suggella la sua vittoria mondiale, terza nella Motogp, quinta in carriera.
Onore al vincitore Jorge Lorenzo, la scheggia impazzita, martellante, meticoloso: il Guerriero. Maturo come non mai, non perde la testa, è la perfetta alchimia tra controllo e avventatezza. Tempi alla mano non è possibile definire altrimenti quei giri tanto spericolati quanto impeccabili.
Onore a Valentino Rossi, ancora lì, sulla vetta, a 36 anni: la Leggenda. Genio e calcolatore, ma forse a quell’età esiste un limite fisico o un limite generazionale, che sia il corpo del pilota o che siano le moto a cambiare. Non si può guardare alla classifica per tenere sotto controllo aritmetico il proprio vantaggio, è necessario essere il più veloce, sempre.
Perchè questo è lo sport più veloce del mondo e ciò che conta sono i decimi. Non è il cuore, né lo spettacolo – per quanto bello e affascinante – ma la velocità. E’ bello poter credere al mito, crederlo irraggiungibile, inattaccabile, infallibile; “Every person love this man!” urla Toby Moody (il commentatore Motogp inglese) quando Rossi, a fine gara, è circondato da fan estasiati.
Ma il mito non esiste, nessuno regala niente. Lorenzo è stato il più veloce, questa è la realtà.
Le chiacchiere da bar stanno a zero, non serve neppure commentare. Il re nudo è semplicemente un uomo. Si può decidere di volere o non volere alleati, come si può decidere di fare la guerra – e di crearsi nemici.
Onore al vincitore.
8(FG)
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