Era il lontano giugno 1889. La regina Margherita, moglie di re Umberto I, trascorse l’estate nella reggia di Capodimonte a Napoli. Incuriosita dalla pizza che non aveva mai mangiato e di cui forse aveva sentito parlare da qualche scrittore o artista ammesso a corte, espresse il desiderio di assaggiare la famosa specialità napoletana. Don Raffaele Esposito e sua moglie donna Rosa, titolari della pizzeria “Piero il pizzaiolo”, le prepararono a corte una pizza con passata di pomodoro, mozzarella e foglie di basilico fresco. In suo onore le diedero il nome di “pizza Margherita”. È questo il celebre episodio che sancisce la nascita della pizza come la conosciamo oggi. Per questo l’Italia viene da sempre considerata la patria della pizza.
I nostri, però, sono i tempi della globalizzazione. Ed è così che, purtroppo, la nostra pizza italiana oggi non può più essere considerata tale. Nella terra in cui è nata, la pizza non è più quasi mai made in Italy. È uno degli aspetti più tristi che emerge dal dossier “La crisi nel piatto degli italiani nel 2014”, illustrato a Napoli dal presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, ieri 28 maggio. Il dato è che quasi due pizze su tre (il 63%), servite sui tavoli delle nostre pizzerie, sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da altri Paesi senza, oltretutto, alcuna indicazione per i consumatori. In particolare, il prodotto servito viene preparato con mozzarelle ottenute non dal latte ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall’est Europa, pomodoro cinese o americano, olio di oliva tunisino e spagnolo, o addirittura olio di semi, e farina francese, tedesca o ucraina. I numeri dicono che lo scorso anno sono stati importati 481 milioni di Kg di olio di oliva e di sansa, oltre 80 milioni di Kg di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di Kg di concentrato di pomodoro e 3,6 miliardi di Kg di grano tenero.
Oltre all’evidente danno economico per i nostri imprenditori agricoli, il risultato è stato quello di allontanare i consumatori dalle pizzerie. Secondo un’indagine condotta dall’Istituto Ixè, nell’ultimo quinquennio, il 25% degli italiani ha rinunciato del tutto ad andare in pizzeria, mentre il 40% ne ha ridotto le presenze. Dato questo, ovviamente, non imputabile solo alla non italianità dei prodotti, bensì, anche e soprattutto, all’avanzare della crisi economica che ha provocato la riduzione del potere d’acquisto degli italiani.
Antonio Pace, presidente dell’“Associazione Verace Pizza Napoletana”, ha commentato i dati diffusi dall’organizzazione agricola. “Occorre agire subito per difendere gli operatori che scelgono gli ingredienti legati al territorio, soprattutto i prodotti mediterranei. Bisogna dare certezze di legge e mettere in campo azioni efficaci e controlli in tutta Italia e alle frontiere per impedire che prodotti sconosciuti mettano in pericolo il simbolo della dieta mediterranea, tutelando e valorizzando le produzioni Doc”.
Gaetano Pisano
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