Forse hanno già cambiato la Costituzione, quando hanno inserito un articolo ‘invisibile’ ma che tutti i governi della Seconda Repubblica hanno diligentemente rispettato: fare il possibile (e l’impossibile) per salvaguardare Silvio Berlusconi e i suoi interessi.
L’ultima trovata si annida nelle pieghe del decreto legislativo sui reati tributari, emanato dal governo alla vigilia di Natale. Com’è noto Berlusconi è un pregiudicato per frode fiscale dall’agosto 2013, con tanto di interdizione (2 anni) dai pubblici uffici e incandidabilità per effetto della legge Severino. La frode all’Erario accertata penalmente è pari a 7,3 milioni di euro, una minima parte di quanto gli veniva contestata (oltre 350 milioni) poi finita in prescrizione. Nel decreto sui reati tributari, un dono del governo agli evasori, si nasconde un incredibile regalo all’ex premier, contraente del patto del Nazareno. Regalo la cui tempistica è a dir poco sospetta, alla vigilia di alcuni passaggi delicati per Renzi e per il futuro dell’esecutivo (legge elettorale, riforma costituzionale, elezione Presidente della Repubblica), per cui i voti di Forza Italia possono rivelarsi decisivi.
L’articolo 19-bis stabilisce che non è più punibile penalmente l’evasione di imposte sui redditi o IVA se questa non è superiore “al 3% rispettivamente dell’imposta sul valore aggiunto o dell’imponibile dichiarato”. Un passaggio che si trasforma in oro per Berlusconi grazie all’articolo 2 del Codice Penale: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. E’ proprio il caso dell’ex Cavaliere: la frode fiscale commessa rientra in quel limite del 3% (grazie alla prescrizione ridotta a soli 7 milioni di fronte a un imponibile Mediaset di quasi 400 milioni). Per effetto del “favor rei” previsto dall’articolo 2 del Codice, ecco che la condanna di Silvio Berlusconi verrebbe cancellata e l’ex Cavaliere tornerebbe al Senato, nuovamente candidabile. Meglio di qualsiasi grazia presidenziale.
Una svista, un danno collaterale non previsto? Difficile crederlo, vista la tempistica di cui si parlava sopra e la predisposizione naturale del centrosinistra nel dare una mano all’avversario in difficoltà. Quando la Consulta (dicembre 1994) stabilì che la legge Mammi era incostituzionale nel passaggio in cui consentiva a Fininvest di possedere tre reti sull’analogico, imponendo il passaggio di Rete4 sul satellite, prima il governo Prodi (legge Maccanico del 1997) poi quello D’Alema (decreto Salva Rete-4 del 1999) intervennero per concedere proroghe su proroghe alla terza rete di Berlusconi. Rete4 continuò a trasmettere sull’analogico fino al passaggio definitivo al digitale terrestre e Europa7, il canale che per legge aveva diritto a ottenere quelle frequenze, si è trovata con un pugno di mosche in mano.
C’è poi l’infinita serie di salvataggi e favori che Luciano Violante rivendicò con orgoglio nel famoso discorso alla Camera dei Deputati: “Abbiamo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni televisive, non abbiamo fatto la legge sul conflitto di interessi, non abbiamo toccato le televisioni….gli venne data garanzia piena nel 1994”. Salvataggi anche politici. Sconfitto alle Politiche del 1996 e abbandonato dalla Lega Nord, Berlusconi sembrava destinato a scomparire poi D’Alema lo scelse come padre costituente. Nel 2007, mentre Fini parlava di “comiche finali” a proposito della nascita del PDL, Veltroni indicò il Cavaliere come partner privilegiato per riformare la legge elettorale. Un anno e mezzo fa, dopo la condanna per frode fiscale, Renzi commentò: “In un qualsiasi paese, quando un leader politico viene condannato con sentenza passata in giudicato, la partita è finita, game over”. Cinque mesi dopo ha seguito le orme di D’Alema e ha firmato con lui il patto del Nazareno. Oggi gli offre una grazia mascherata: da game over a insert coin.
Fonte -IBT-
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