Il ministro risponde alle centinaia di domande inviate dai lettori. Sottolinea il “tasso di democraticità” della riforma e alle decine di migliaia di precari che rimarranno fuori dalle assunzioni garantisce un concorso per 40mila posti. Nessuno spiraglio per i “quota 96”
Nel videoforum a Repubblica Tv – oltre mille domande giunte in redazione via mail – il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini conferma che la prossima maturità, giugno 2015, vedrà il ritorno dei commissari interni con un presidente di garanzia nominato al di fuori dell’istituto interessato: “Il mio punto di vista, e quello di molti tecnici che stanno elaborando il documento finale, è di passare a una commissione interna con un presidente esterno”. Già la prossima settimana le nuove regole saranno pubbliche. “L’utilizzo di membri interni ci farà risparmiare molti soldi ed è più coerente con il progetto della “Buona scuola”: oggi alla Maturità il 98 per cento degli studenti viene promosso, e non perché siamo scialoni. È un esame di sintesi di un ciclo scolastico, chi può far meglio degli insegnanti che hanno seguito quello studente?”.
Il ministro, che ha annunciato la partenza del tour di presentazione e ascolto de “La buona scuola” – si comincia da Torino, L’Aquila e Bolzano, cento tappe fino al 15 novembre – ha negato che il prossimo decreto sia un’imposizione dall’alto: “A memoria, non ricordo di un provvedimento prima discusso con i cittadini e le parti in causa e poi portato all’attenzione del legislatore, non si è mai fatto qualcosa del genere per la scuola. Mi pare che, sul tasso di democraticità, non si lasci spazio a dubbi”. Poi, però, ha precisato: “Potremo cambiare alcuni dettagli del piano per la scuola, non l’impianto”.
Sulle assunzioni che si vedranno dalla prossima stagione – la stabilizzazione di 148 mila docenti precari – Giannini ha rivelato che “alcune decine di migliaia di precari, parte della terza fascia delle graduatorie di istituto, saranno esclusi dalle assunzioni che abbiamo programmato”. Tuttavia, “queste persone avranno un concorso immediato con cui confrontarsi, con 40mila posti a disposizione”.
Nessuno spiraglio invece per i cinquemila insegnanti ingabbiati dalla quota 96 della legge Fornero (non potranno andare in pensione prima di aver raggiunto quota 96 sommando l’età anagrafica a quella contributiva): “L’intervento parlamentare ha fermato un emendamento, questi insegnanti non potranno andare in pensione. Si parla di un anno in più, non sono esodati: sono persone che hanno visto leso il loro diritto ad andare in pensione subito. Come ministero, ora, possiamo intervenire offrendo a questi docenti ultrasessantenni, che hanno fatto il loro dovere con passione e che aspettano il momento di tirare il fiato, mansioni meno stancanti rispetto all’insegnamento frontale. Questo potrà avvenire allargando l’organico funzionale attraverso, appunto, la stabilizzazione che prevediamo dal prossimo anno”.
Il ministro dell’Istruzione ha inoltre confermato che gli istituti scolastici dovranno restare aperti più a lungo e per più ore: “La scuola può infrangere il tabù della chiusura estiva”. E ha annunciato che il prossimo incontro con i sindacati sarà il 20 ottobre: “In mezzo abbiamo anche il rinnovo contrattuale, da ripensare rendendolo compatibile con la Buona Scuola, e quindi non siamo vincolati dal blocco degli aumenti nella pubblica amministrazione fino al 2015. Gli scatti per merito toglieranno oltre cento al mese rispetto agli scatti d’anzianità. No, abbiamo calcoli esattamente contrari”.
I tagli sull’intero ministero saranno compresi tra i 600 e i 900 milioni di euro, concentrati sul comparto universitario, ma “non toccheremo la ricerca, il fondo di finanziamento agli atenei, non toccheremo la carne viva. Spesso taglieremo sprechi migliorando le funzioni. Piccoli tagli per diffusi risparmi, come l’addio alla costosa e dispersiva sede della ricerca all’Eur per riportare il personale in un palazzo vicino al ministero in viale Trastevere”. Ancora: “Saremo i primi, appena la Corte dei conti ci darà il via, a introdurre il costo standard per studente, perché è diverso fare ricerca a Catania e farla a Milano, e daremo alle singole università il 30 per cento di fondi su base premiale”.
Infine, sulla fine dello slancio politico della Scelta civica di Mario Monti, Giannini afferma: “Confermo, Renzi ha assorbito l’idea di riformismo radicale presente in Scelta civica, ma questo non vuol dire che io, che vengo dalla piccola provincia, ora mi iscriverò al Partito democratico”.
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