Ogni anno il WWF redige un report per verificare lo stato di “salute” della Terra e stabilire l’impatto che le attività esercitate dall’uomo hanno sulla flora, la fauna e le risorse naturali del pianeta. Il Living Planet report edizione 2014 contiene dei dati agghiaccianti, in particolare una riduzione della popolazione di vertebrati di circa il 50% se comparata con quella registrata negli anni ’70. Per giungere a questa conclusione il WWF ha adottato il Living Planet Index, il quale ha utilizzato come campione di ricerca circa 10 mila vertebrati appartenenti a 3 mila specie diverse.
La drammaticità di questa situazione è stata evidenziata con chiarezza da Marco Lambertini, direttore generale di WWF International, il quale ha commentato il report sostenendo che: “La nostra impronta sul pianeta sta aumentando. Noi stiamo pescando più pesci di quelli che possono riprodursi; stiamo tagliando più alberi di quelli che possono ricrescere, stiamo producendo più CO2 rispetto a quella che può essere assorbita dagli oceani. Siamo su un cammino caratterizzato da una totale insostenibilità”.
Il tema dello sviluppo sostenibile, inteso come sfruttamento delle risorse presenti con contestuale valutazione dei beni a disposizione delle generazioni future, è entrato solo di recente nelle agende politiche dei leader mondiali. La questione venne affrontata per la prima volta negli anni ’70 quando a causa del perdurare del conflitto tra Israele e Palestina diversi paesi arabi ridussero le esportazioni verso l’occidente. In quel momento si verificò una crisi energetica che spinse gli Stati che ne furono affetti a valutare non solo l’uso di energie alternative ma anche l’idea di ridimensionare il consumo delle risorse naturali data la loro evidente limitatezza. Negli anni successivi diverse agenzie dell’ONU, ONG e scienziati indipendenti hanno contribuito ad una maggiore definizione del concetto di sviluppo sostenibile. Una sua definitiva affermazione, sia a livello nazionale che internazionale, si è avuta a seguito del così detto rapporto Brundtland, redatto dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Nel documento, rilasciato nel 1987, si legge che: “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Nonostante l’adozione di una serie di risoluzioni internazionali e di atti a livello statale volti a garantire l’implementazione di questo sistema, il report redatto dal WWF sembra dimostrare che la piena realizzazione di quello sviluppo sostenibile di cui parlava Brundtland è decisamente lontana. Molti Stati, infatti, continuano ad avere uno stile di vita che è assolutamente incompatibile con la limitatezza e l’esauribilità delle risorse presenti sul pianeta. Gli esperti del WWF hanno calcolato che se ogni abitante della Terrà assumesse le abitudini di consumo dell’americano “medio”, servirebbero circa 3,9 pianeti per sostenere l’intera umanità. Ciò non vuol dire che solamente l’occidente, in particolare gli Stati Uniti, rappresentano il principale ostacolo all’implementazione di un sistema eco-sostenibile. Il Qatar, ad esempio, presenta abitudini di consumo addirittura peggiori rispetto a quelle degli Stati Uniti, le quali richiederebbero 4,8 pianeti come la Terra se fossero seguite dall’intera popolazione mondiale.
Esistono delle soluzioni a questo problema? Una possibile risposta è stata fornita da Marco Lambertini secondo cui la situazione, pur essendo classificabile come una grave emergenza, è caratterizzata anche da alcune note positive. Il pianeta non è mai stato così consapevole dei problemi che affliggono l’ecosistema e delle possibili soluzioni che possono essere adottate. Le nazioni interessate al tema dello sviluppo sostenibile si sono moltiplicate così come la partecipazione di altri soggetti non statali, in particolare grandi compagnie private e movimenti più o meno ampi volti a promuovere la protezione del pianeta. In questo contesto agenzie specializzate delle Nazioni Unite e NGO come il WWF hanno un ruolo fondamentale nella predisposizione di un progetto unitario, agendo come catalizzatore rispetto a tutte quelle spinte che tendono verso lo sviluppo sostenibile.