L’ex pm Antonio Ingroia – ora avvocato e politico – finisce nei guai: già indagato per peculato, ora la Guardia di Finanza gli ha sequestrato oltre 150 mila euro su disposizione del gip e su richiesta della procura.
In qualità di amministratore unico di Sicilia e Servizi, società a capitale pubblico che gestisce i servizi informatici della Regione siciliana, Ingroia avrebbe percepito indebitamente rimborsi di viaggio per 17 mila euro e si sarebbe liquidato un’indennità di risultato sproporzionata rispetto agli utili realizzati dalla società: 117 mila euro.
Nella vicenda è coinvolto anche Antonio Chisari, all’epoca dei fatti revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia e Servizi s.p.a. Anche lui come Ingroia è accusato di peculato.
Le contestazioni mosse agli indagati nascono dalla natura riconosciuta alla Sicilia e-Servizi s.p.a. di società in house della Regione da cui deriva che entrambi abbiano rivestito la qualifica di incaricato di pubblico servizio.
Ingroia, prima liquidatore della società (dal 23 settembre 2013), è stato successivamente nominato amministratore unico dall’assemblea dei soci, carica che ha ricoperto dall’8 aprile 2014 al 4 febbraio 2018. Le indagini hanno accertato che il 3 luglio 2014 l’ex pm si è autoliquidato circa 117.000 euro a titolo di indennità di risultato per la precedente attività di liquidatore, in aggiunta al compenso omnicomprensivo che gli era stato riconosciuto dall’assemblea, per un importo di 50.000 euro.
Per gli investigatori l’autoliquidazione che ha, di fatto, determinato un abbattimento dell’utile di esercizio del 2013 da 150.000 euro a 33.000 euro, sarebbe stata indebita. La violazione della normativa nazionale e regionale in materia di riconoscimento delle indennità premiali ai manager delle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni è stata avallata dal revisore contabile, Chisari, che avrebbe dovuto effettuare verifiche sulla regolarità dell’operazione. Da qui l’inchiesta anche a suo carico.
Ingroia, che ora esercita la professione di avvocato – e alle elezioni si era candidato con la ‘Lista del popolo per la Costituzione’ – si sarebbe, inoltre, indebitamente appropriato di ulteriori 34.000 euro, a titolo di rimborso spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, nonostante la normativa consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l’esclusivo rimborso delle spese di viaggio.
L’ex pm aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso. Anche in questo caso la violazione della normativa è stata avallata dal revisore contabile che risponde di peculato in concorso con l’ex magistrato.
“Le spese sono contenute, sulla base di un regolamento dei rimborsi spese che io per la prima volta ho introdotto a Sicilia e-Servizi”, aveva dichiarato Ingroia. Spese non così contenute in realtà, rendicontate da fatture da 2.275 euro al Grand hotel Villa Igiea, 615 euro all’Excelsior, 1.293 euro al Centrale Palace hotel e via così, tutti hotel a 5 stelle.
*Aggiornamento ore 13.20
“Ho appreso dalla stampa del provvedimento emesso nei miei confronti, prima ancora che mi venisse notificato. Comunque ho la coscienza a posto perché so di avere sempre rispettato la legge, come ho già chiarito e come dimostrerò nelle sedi competenti”. Così l’ex Pm Antonio Ingroia commenta il sequestro di oltre 151 mila euro nell’ambito dell’inchiesta in cui l’ex magistrato è indagato per peculato.
Su questo aggiornamento ci permettiamo di inserire una nota. Si ripete ancora una volta il caso di una stampa che arriva prima della giustizia e d’accordo con essa, forse per rendere una notizia sensazionale e avviare un processo mediatico prima del processo di giustizia, un processo mediatico che intanto distrugge l’individuo non curandosi della colpevolezza o meno di questo. Il ruolo della stampa di cane da guardia sul giusto, è ormai stato sostituito dal ruolo di cane da salotto e ricordiamo che qualsiasi uomo è innocente fino a sentenza definita che riporta l’opposto.
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