Non è solo Savona a evocare un ‘piano B’, molti economisti tedeschi lo chiedono. Per essere sicuri, qualora le cose andassero male, di riavere indietro quel denaro
Immaginate di voler ordinare un’auto dalla Germania e di chiedere un prestito – poniamo di 20 mila euro – per acquistarla alla vostra banca. Una somma che verserete sul conto del vostro fornitore, su una banca tedesca. Per voi è un semplice bonifico ma il meccanismo è ben più complesso. Entra qua in gioco un sistema misconosciuto che è però tra le architravi del funzionamento della moneta unica. Stiamo parlano della piattaforma di compensazione Target2, introdotta nel 2007, che consente il regolamento dei pagamenti interbancari tra le varie banche dell’unione monetaria, ovvero i flussi di denaro da un Paese dell’Eurozona all’altro.
Per sintetizzare al massimo, dal momento che le banche nazionali fungono da “prestatori” per le banche commerciali, la vostra banca – che prestandovi quei soldi ha “creato” moneta – si ritroverà così con un saldo negativo di 20 mila euro nei confronti della Banca d’Italia. Viceversa, una volta incassato il bonifico, la banca tedesca del vostro fornitore avrà un saldo attivo di 20 mila euro nei confronti della Bundesbank. A sua volta, la Banca d’Italia avrà un saldo negativo di 20 mila euro nei confronti del sistema Target 2 (ovvero della Banca Centrale Europea) e la Bundesbank uno attivo dello stesso importo. Di fatto, questi trasferimenti fanno sì che, a operazione conclusa, il vostro debito privato nei confronti della vostra banca si trasformi in un debito della Banca d’Italia nei confronti della Bundesbank, nonché un passivo nella bilancia dei pagamenti italiana compensato da un attivo in quella tedesca.
- Come si estingue un simile passivo?
Solo attraverso un’altra operazione bancaria privata, ovvero, ad esempio, un cittadino tedesco che acquista beni per 20 mila euro da una ditta italiana spostando quella somma da un conto presso una banca tedesca a uno presso una banca italiana.
- E che succede se non restituisco i soldi alla mia banca?
Bankitalia avrà, di fatto, un passivo permanente verso la Bundesbank. Sapendo di poter “scaricare” il debito sulle banche centrali, le banche commerciali sono spinte (o almeno erano, prima dell’introduzione del bail-in) a offrire crediti con più disinvoltura, anche a operatori che difficilmente potrebbero ripagarli.
- Perché ci sono degli squilibri?
Non tanto per i flussi commerciali (l’Italia è un esportatore netto) ma per le fughe di capitale. Il sistema Target 2 fu infatti introdotto alla vigilia della crisi finanziaria. Negli anni successivi, molti operatori spostarono beni dalle banche dei Paesi considerati più fragili (come l’Italia o la Spagna) a quelle dei Paesi finanziariamente più solidi, come la Germania o l’Olanda. Tale fenomeno ha avuto un’accelerazione dal gennaio 2015 con l’avvio del ‘quantitative easing’, ovvero il piano di allentamento monetario con il quale la Bce ha prestato liquidità alle banche nazionali per acquistare titoli di Stato dei rispettivi governi.
- Cosa c’entra ora il quantitative easing?
“Quando la Banca d’Italia compra i succitati Btp da una banca tedesca le risorse sono state trasferite direttamente in Germania senza passare per l’Italia; quando la Banca d’Italia compra i Btpda banche, imprese e privati italiani, la liquidità immessa è reinvestita dal settore privato non finanziario in fondi ed azioni estere”, spiegò Andrea Del Monaco sull’Huffington Post, “prima, con le operazioni Ltro (Long Term, la Bce presta i soldi alle banche italiane affinché acquistino Btp dalle banche tedesche. Poi, tramite il quantitative easing, la Bce presta i soldi alla Banca d’Italia affinché compri dalle banche italiane gli stessi Btp prima rastrellati dalla banche tedesche. Qual è l’esito? La negazione della condivisione del rischio, ovvero la sua nazionalizzazione: i titoli di debito sovrano, prima acquistati dalle banche private, ora sono depositati negli attivi delle Banche centrali nazionali”.
E, nel frattempo, la forbice tra i Paesi che vantano debiti nei confronti di Target 2 e quelli che vantano crediti, in virtù di questo meccanismo che agevola il trasferimento di attivi verso i sistemi bancari considerati più sicuri, si è allargata: lo scorso aprile la Bundesbank aveva un attivo verso il Target 2 di 923 miliardi di euro, il più alto di tutti. Il saldo negativo maggiore spettava invece all’Italia: 442 miliardi di euro.
La Germania si pone il problema dell’uscita dall’euro
Cosa succederebbe se un Paese decidesse di uscire dall’euro? Bisognerebbe chiudere i saldi nei confronti di Target 2, avvertì il presidente della Bce, Mario Draghi, nel gennaio 2017. Per questo ha ragione il ministro agli Affari Europei, Paolo Savona, quando afferma che sarebbe irresponsabile se un Paese non avesse un ‘piano B’ in caso di smantellamento dell’Eurozona. Una tesi condivisa da alcuni dei più illustri economisti tedeschi, a partire da Clemens Fuest, il l presidente del prestigioso istituto di ricerca tedesco Ifo, che – lo scorso 19 marzo – in un’intervista al Corriere della Sera, spiegava che una clausola di uscita deve essere stabilita, alludendo alla possibilità che, con il nuovo governo sovranista, l’Italia possa minacciare l’unione monetaria.
In realtà i tedeschi non temono tanto che Roma decida di far saltare in banco, ma intendono preparasi piuttosto a un’eventuale uscita della Germania da una moneta unica ritenuta non più sostenibile, anche in virtù degli squilibri creati dal sistema Target 2 (squilibri che, ha argomentato lo stesso Draghi, dovrebbero però ridursi con la fine del ‘Qe’). Lo scorso marzo economisti vicini alla cancelliera Angela Merkel – quali Cristoph Schmidt, Hans Werner Sinn e Karl Konrad – hanno pubblicato uno studio nel quale si menzionava esplicitamente la necessità di avere un piano per l’uscita dall’euro. Che garantisca alla Germania di recuperare tutti quei soldi, si capisce. Con buona pace dell’ex consigliere esecutivo della Bce Jurgen Stark, anch’egli tedesco, il quale affermò che i saldi del Target 2 sono meri valori statistici e sostenere il contrario è indegno di un economista serio.
Le risposte di David Blake
Abbiamo approfondito la questione con il professor David Blake della City University of London, autore di un recente studio secondo il quale il Target 2 è un vero e proprio “sistema di salvataggio occulto” che ha finora tenuto insieme la moneta unica ma, ora che è entrato nel dibattito politico tedesco, sta finendo per minacciarne l’esistenza, a meno che non si vada verso una reale integrazione economica, ovvero quello che Berlino non ha mai voluto.
Professor Blake, la Germania ha sempre rifiutato l’emissione di titoli di Stato comuni europei (Eurobond). Il suo studio spiega come il Target 2 funzioni di fatto come uno strumento di mutualizzazione del debito. È quindi un modo per tenere l’euro a galla minimizzando i costi politici, dato che quasi nessun cittadino sa cosa di tratti?
“Il Target 2 assolve tre funzioni chiave, oltre a quella originale di essere un semplice sistema di pagamenti transfrontalieri per la regolazione delle transazioni in euro che coinvolgono le banche centrali. In primo luogo, tiene l’euro a galla in quanto spalma squilibri commerciali che altrimenti richiederebbero la vendita di beni nazionali dei Paesi in deficit ai Paesi in surplus, considerato che questi squilibri non possono più essere rimossi da aggiustamenti dei tassi di cambio che riducano i prezzi internazionali delle esportazioni dai Paesi in deficit e li aumentino in quelli in surplus. Nel caso della Grecia, la situazione si deteriorò a un punto tale che a società pubblica di telecomunicazioni e quattordici aeroporti regionali furono venduti alla Germania”.
“In secondo luogo, aiuta a mantenere stabile il sistema bancario europeo facilitando le fughe di capitale dal Sud al Nord Europa, evitando le corse a ritirare i fondi che avverrebbero se la fiducia nelle banche degli Stati meridionali crollasse all’improvviso, come è avvenuto con la crisi finanziaria globale del 2007-2008 e, in seguito, nel 2011. In terzo luogo, mantiene l’illusione che i membri dell’Eurozona siano Stati sovrani che abbiano volontariamente concordato di “condividere” un po’ di sovranità”.
“In altre parole, il Target 2 è diventato il fattore di pressione che impedisce all’Eurozona di implodere. Ma ciò non può andare avanti all’infinito, per via delle sue contraddizioni interne. Sono piuttosto sicuro che i leader tedeschi non acconsentiranno mai alla “unione dei trasferimenti” formale che sorgerebbe dalla cancellazione dei debiti del Target 2. Quindi, presto o tardi, accadrà una di queste due cose. O i contribuenti tedeschi si renderanno conto che i loro crediti Target 2 sono senza valore a meno che non vengano usati per acquistare beni immobili in Paesi in deficit, ovvero l’unico modo realistico in cui i debiti Target 2, vista la loro mole, possono essere onorati da Italia e Spagna. Oppure i cittadini italiani e spagnoli obietteranno alla vendita delle loro infrastrutture nazionali alla Germania. Il tempo dirà cosa accadrà prima, ma la mia idea è che la signora Merkel al momento sia così impopolare in Germania che possa tutto iniziare lì”.
Il Target 2 sposta anche un carico fiscale dal settore privato ai contribuenti (ove la banca centrale non abbia azionisti privati come in Italia, nda). Ciò è incoerente, ad esempio, con il sistema di bail-in per la risoluzione delle banche. Come si spiega questa incoerenza? La Ue sta cercando di evitare soluzioni che risultino troppo esplicite agli occhi dei contribuenti nordeuropei?
“Il vero problema di fondo è che l’intero “progetto europeo” è diventato troppo complesso perché chiunque capisca cosa sta succedendo. Si aggiunga che il progetto è architettato da burocrati di Bruxelles che vedono il loro ruolo come l’aggiustamento di parti differenti del sistema quando le cose vanno male. Sono assorbiti dal dettaglio e nessuno guarda al quadro generale. Il risultato è un sistema pieno di incoerenze. Ma ciò dà agli eurocrati un’altra possibilità di sognare nuovi meccanismi o sistemi di affrontarli, che vengono anche usati come nuove opportunità per concentrare più potere a Bruxelles. Non dovremmo mai scordare che è questo il vero significato di una “unione più stretta”.
“A voler essere onesti con gli architetti dell’Eurozona, il Target 2 fu studiato nel 1999 per essere un semplice sistema di pagamenti transfrontalieri, prevedendo che i flussi netti tra Stati membri si equilibrassero ogni pochi mesi. E ciò è quello che è successo all’inizio. Poi, con la crisi finanziaria, le cose iniziarono ad andare male in maniere che non potevano essere previsti dagli iniziali ideatori del Target 2, i quali anche ora ritengono non vi sia nulla di sbagliato, dicono che sta funzionando come previsto Ma ciò è vero solo finché i debiti del Target 2 sono utilizzati a scopo contabile come debiti sovrani a rischio zero che non dovranno mai essere rimborsati”.
“In seguito alla crisi del debito sovrano iniziata nel 2011, anche gli eurocrati si sono resi conto che il target 2 stava venendo sfruttato da banche, aziende e individui ricchi. Nel tentativo di affrontare l’azzardo morale di banche che offrono prestiti facili a compagnie ad alto rischio insolvenza scaricando poi il rischio tramite il Target 2, hanno introdotto il sistema di bail-in per la risoluzione delle banche. Ciò non è incoerente solo con il Target 2, i governi possono facilmente aggirare il bail-in, come accaduto con Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza nel giugno 2017. Non vi fu ricorso alla direttiva sul bail-in, che avrebbe coinvolto le obbligazioni senior e i depositi non garantiti e comportato lo smantellamento delle banche in procedure di insolvenza a livello nazionale. La decisione di non ricorrere al bail-in fu presa sulla base del fatto che non sarebbe stata nel pubblico interesse. La direttiva fu disapplicata dal Comitato di Risoluzione Unico argomentando che “nessuna delle banche assolve a funzioni critiche e il loro fallimento non si prevede abbia un significativo impatto avverso sulla stabilità finanziaria”. E, di conseguenza, è stata applicata la legge nazionale italiana, che non prevedeva l’applicazione del bail-in ad almeno l’8% del passivo”.
“Quindi non è tanto la Ue che sta cercando di evitare soluzioni troppo esplicite agli occhi dei contribuenti nordeuropei. È più che gli eurocrati amano tutta questa complessità aggiuntiva, giacché consente loro di guadagnare più potere. Sono sicuro che siano sinceramente convinti che ciò che stanno facendo sia nell’interesse di lungo termine di tutti i cittadini Ue ma sistemi troppo complessi alla fine collassano inevitabilmente e ciò non è nell’interesse di alcun cittadino europeo”.
Un’altra incoerenza è il disincentivo che il Target 2 rappresenta per le riforme strutturali nei Paesi più inefficienti, ovvero ciò di cui l’ex ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, e il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, hanno sempre accusato la politica monetaria di Draghi. Sembra che il Target 2 faccia tutto quello di cui l’Eurozona ha bisogno per sopravvivere ma che le autorità tedesche non possono far sapere agli elettori. C’è stata quindi una logica politica riguardo la “congiura del silenzio” sul Target 2, diventato solo ora argomento di discussione in Germania?
“Questa è probabilmente la maggiore singola debolezza del progetto dell’Euro: la convinzione che gli inefficienti Stati meridionali sarebbero diventati alla fine efficienti quanto la Germania. Non essendo più in grado di svalutare per rendere le loro esportazioni più competitive, essi sarebbero stati costretti ad aumentare la loro produttività investendo in capitale fisico e umano. Ma ciò non è avvenuto”.
“Gli Stati del Sud, come il Portogallo, hanno aumentato i salari del 30% nel confronto con la Germania e non c’è stato un aumento proporzionale della produttività. Inizialmente tutti in Portogallo pensavano che l’Eurozona fosse un ‘albero magico dei soldi’. Ma il risultato inevitabile è stato un enorme aumento della disoccupazione in Portogallo, soprattutto tra i giovani, molti dei quali si sono trasferiti in altre parti dell’Ue, o addirittura in Brasile per cercare lavoro. E ora che l’economia brasiliana è in difficoltà, gli emigrati portoghesi devono tornare a casa, con poche possibilità di trovare un lavoro. Ma resta il fatto che i ministri delle Finanze tedeschi continuano ad aspettarsi che il resto dell’Eurozona raggiunga i livelli di produttività della Germania. E questa è un’altra incoerenza con la realtà dei fatti”.
Colpisce davvero come l’Eurozona non fosse attrezzata per affrontare la crisi del debito. Ciò rafforza la sua idea che la crisi sia stata provocata per accelerare l’integrazione? Sembra che la profezia di Milton Friedman, secondo il quale un euro senza gli adeguati meccanismi di compensazione avrebbe causato la fine della Ue, sia rimasta inascoltata.
“Il Target 2 non fa che nascondere il fatto che l’Eurozona non è e non potrà mai essere un’Area Valutaria Ottimale e Milton Friedman lo sapeva sin dall’inizio. Disse che l’euro avrebbe funzionato, ma solo fino alla prima crisi. Ed è venuto fuori che aveva ragione”.
“Ciò però non preoccupa quelli di Bruxelles. Loro credono che ci possa volere un secolo o più perché l’Eurozona diventi una vera Area Valutaria Ottimale, così come ci volle un secolo perché il dollaro fosse accettato da tutti gli Stati degli Usa. E non importa quante crisi ci vogliano perché ciò accada. Jean Monnet, uno dei padri fondatori della Ue, riteneva davvero che le crisi avrebbero aiutato ad accelerare il processo: ‘Ho sempre ritenuto che l’Europa sarebbe stata costruita attraverso le crisi e che sarebbe stata la somma delle loro soluzioni. Ma le soluzioni devono essere proposte e applicate’. Monnet riteneva che le crisi economiche avrebbero dovuto essere benvenute come opportunità per portare gli Stati Europei ad avvicinarsi, cedere sovranità e muoversi per gradi verso un’Europa federale. Scrisse a un amico nel 1952: ‘Le nazioni europee dovrebbero essere guidate verso il Superstato senza che i loro popoli capiscano cosa stia accadendo. Ciò può essere ottenuto con tappe successive, ognuna camuffata come necessaria a un obiettivo economico, che portino però – alla fine e in modo irreversibile – a una federazione‘. Con approcci simili, chi mai ascolterà Milton Friedman?”.
Perché la Bce ha apparentemente ignorato per tanto tempo la vera natura del Target 2? Sembra che non fosse mai stato discusso perché sarebbe stato tabù affrontare le sue reali implicazioni.
“Il modo più generoso di vederla è ritenere che le persone nominate alla guida della Bce semplicemente non accettassero che ci fosse qualcosa di sbagliato nell’Eurozona o nel Target 2. Tutto sta funzionando come previsto. I debiti del Target 2 sono a rischio zero finché ogni Stato rimane nell’Eurozona, quindi dov’è il problema? L’Eurozona e la Ue stessa hanno assunto lo stato di una fede religiosa, e quindi sono entrambi senza difetti e immuni alla critica”.
La crescita dei partiti nazionalisti rende una “unione ancora più stretta” improbabile nel breve termine. Crede che sia razionale discutere una maniera per consentire agli Stati di uscire dall’euro o gli squilibri del Target 2 rendono un simile scenario ancora più improbabile?
“La crescita dei partiti nazionalisti e populisti sta evidentemente preoccupando Bruxelles. Ma, come ha scoperto la Grecia, gli architetti dell’Eurozona hanno assicurato in modo efficace che un membro in deficit non possa lasciare l’Eurozona senza pagare appieno i suoi debiti Target 2, non può semplicemente andarsene. Se ci provasse, gli sarebbe negato il credito dell’Emergency Liquidity Assistance della Bce e il suo sistema bancario si bloccherebbe subito”.
“Inoltre i debiti dell’Eurozona sono denominati in euro, che diventerebbe una valuta straniera se un membro lasciasse. Ogni nuova valuta che il Paese introducesse all’inizio si svaluterebbe in modo significativo, aumentando ulteriormente il valore interno dei debiti nei confronti degli altri membri dell’Eurozona. Anche con l’elezione di un partito di sinistra radicale come Syriza, la Grecia non ha lasciato l’Eurozona. Quando Alexis Tsipras si ritrovò faccia a faccia con Jean-Claude Juncker, cedette per primo, nonostante il suo Paese abbia perso un quarto del suo Pil a causa della sua disastrosa partecipazione all’Eurozona. Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze del governo di Syrizia, aveva avvertito per mesi che le autorità della Ue – e per esteso dell’Eurozona – la ritengono come l’Hotel California, dove puoi fare il check out ma non puoi andartene mai”.
“L’unica discussione razionale dovrebbe quindi arrivare da un Paese con un grosso surplus, come la Germania, che dovrebbe riconoscere che l’Eurozona, con i suoi tassi di cambio fissi, non sta funzionando e che occorre introdurre un sistema più flessibile. Joseph Stiglitz, un altro Nobel per l’economia, è abbastanza ottimista da ritenere che un’euro flessibile, come uno del Nord e uno del Sud, possa salvare il progetto della moneta unica. Ma non riesco a immaginare che questa discussione avvenga per due motivi: in primo luogo il ‘progetto europeo’ è il cuore esistenziale della Germania postbellica; in secondo luogo i burocrati di Bruxelles sono molto pazienti e non consentiranno a una ‘piccola difficoltà locale’, come Syriza o il Movimento 5 Stelle, di interrompere i loro piani di lungo periodo. C’è solo una direzione verso la quale andare una volta entrati nell’euro, ed è quella di un’unione sempre più stretta”.
Nell’ipotesi di un Paese che vada in default sui debiti Target 2 dopo essere uscito dall’euro, il debito non pagato alla fine sarebbe accollato alla Bce o alle banche nazionali dei Paesi creditori?
“Ora, a dispetto di quanto ho detto in replica a una domanda precedente, è ovviamente possibile, per quanto molto improbabile, che uno Stato membro decida di fare come l’Argentina e semplicemente non pagare i debiti. Il debito non pagato ricadrebbe quindi sulle banche nazionali dei Paesi creditori in proporzione alla loro quota di capitale nella Bce”.
Lei ritiene che ci siano solo due possibili sbocchi per l’Eurozona: un’unione politica o uno smantellamento. Per quanto tempo il Target 2 consentirà all’Europa di guadagnare tempo, ora che il ‘Qe’ sta terminando?
“Credo che il primo sbocco sia più probabile del secondo. In primo luogo, per l’esperienza della Brexit. Ogni volta che i ministri britannici si recano in una capitale per discutere le future relazioni commerciali con la Ue, vengono rediretti a Bruxelles; i leader nazionali hanno seguito le istruzioni di Michel Barnier e si sono rifiutati del tutto di trattare. Varoufakis ha raccontato che è esattamente ciò che è accaduto a lui quando ha cercato di spuntare un accordo migliore per la Grecia. Ciò indica non solo che gli Stati membri dell’Eurozona non hanno per conto loro il coraggio di lasciare l’Eurozona ma, cosa più importante, hanno consentito a Bruxelles di assumere il vero controllo della Ue. In secondo luogo, anche se un membro dell’Eurozona lasciasse l’unione monetaria, non gli sarebbe consentito di restare nella Ue. Quindi non riesco a vedere nessun Paese seguire il Regno Unito fuori dalla Ue”.
“Ciò che credo avverrà e ciò che è accaduto alla Grecia. I debiti Target 2 dell’Italia e della Spagna nei confronti della Germania verranno ridotti una volta che la Germania rileverà loro beni nazionali per 900 miliardi. La gente potrà lamentarsi ma non ci sarà alternativa. E, mentre ciò accadrà, la politica fiscale sarà trasferita a Bruxelles e quella creditizia a Francoforte. Jean-Claude Juncker lo ha detto chiaro nel suo discorso sullo Stato dell’Unione: vuole una singola presidenza europea, una politica estera unitaria e un unico esercito entro il 2025. La mia idea è che avremo degli ‘Stati Uniti d’Europa’ tra il 2030 e il 2040. Al più tardi nel 2051, il centesimo anniversario della prima istituzione europea la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Questa traiettoria è ora irreversibile.
“Il risultato è però tutt’altro che stabile Degli Stati Uniti d’Europa stabili richiederanno trasferimenti fiscali dalle regioni in surplus a quelle in deficit come avviene in uno stato unitario, come il Regno Unito. Eppure la Germania continua a rifiutare di far parte di un’unione dei trasferimenti. Gli squilibri del Target 2 non andranno via. Cosa accadrà se non ci saranno più beni nazionali da comprare per le regioni in surplus? Senza trasferimenti fiscali, l’economia delle regioni in deficit sarà in uno stato di recessione permanente: per quanto i loro cittadini lo tollereranno? Cosa accadrà se nessuno dei nuovi ‘meccanismi’ e ‘sistemi’ progettati dagli eurocrati per provvedere a ciò funzionerà? Come ho detto prima, quasi tutti i sistemi troppo complessi alla fine collassano. Speriamo che questa volta vada diversamente”.
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