Pochi giorni addietro ha partecipato ad una seduta straordinaria del Consiglio comunale di Castelvetrano dedicata alla lotta alla mafia, stanotte è finito in manette arrestato assieme ad altre 14 persone nell’ambito di una operazione che colpisce Cosa nostra trapanese, quella capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro. Si tratta di Lillo Giambalvo, 41 anni. Nel 2012 mancò l’elezione per pochissimi voti, in Consiglio comunale entrò a luglio scorso perché primo dei non eletti, subentrato ad altro consigliere chiamato alla carica assessoriale. candidato con la lista di Futuro e Libertà una volta in aula ha aderito ad Articolo 4 formazione politica del deputato regionale Paolo Ruggirello.
Ancora una volta si scopre come la mafia ancora oggi continua ad avere tentacoli fin dentro le istituzioni. Giambalvo addirittura avrebbe partecipato ad un pestaggio per punire un ladruncolo che aveva rubato dell’oro a casa di Giuseppe Fontana, detto Rocki. Fontana e’ una vecchia conoscenza, due anni addietro ha finito di scontare una condanna per traffico di droga, in cella si proclamava “prigioniero di stato”, fuori era notoriamente buon amico del latitante Matteo Messina Denaro, tanto che si sospetta che l’oro derubato apparteneva ai Messina Denaro. Non si capirebbe altrimenti la violenza del raid messo a punto contro il ladruncolo reo di avere rubato dove non doveva rubare. È’ a Castelvetrano che si è sviluppata per gran parte il blitz di stanotte coordinato dalla Dda di Palermo e condotto dai carabinieri del Ros e del nucleo operativo di Trapani.
È stato colpito l’organigramma mafioso che fa capo al super latitante Matteo Messina Denaro. L’ arresto di Giambalvo dimostra come ad aiutare il capo mafia nella latitanza sono personaggi insospettabili. Ancora a Castelvetrano sono stati arrestati i fratelli Cacioppo, Leo e Saro, titolari di una pizzeria, far ebbero parte del nuovo braccio armato della mafia, e poi Fabrizio Messina Denaro (detto Elio), nessuna parentela col latitante, Vito Tummarello, Luciano Pasini e Giuseppe Tranchida. Ma è a Palermo che i carabinieri hanno assestato un duro colpo al clan Messina Denaro. È stata colpita la sua famiglia. In cella è finito il genero del boss Filippo Guttadauro, ossia Luca Bellomo, sposato con Lorenza Guttadauro, figlia di Filippo e nipote del super boss Matteo Messina Denaro. Filippo Guttadauro è il cognato del latitante per averne sposato la sorella, Rosalia.
Rilevante il ruolo di Bellomo, fare da portavoce a Matteo Messina denaro. Tra le sue mani la mafia che fa impresa, che traffica in droga ma che è’ pronta a rimettere in funzione le armi. Appena pochi mesi addietro a finire in cella era stato anche Francesco Guttadauro, nipote prediletto di Matteo Messina Denaro, anche lui figlio di Filippo e dunque cognato di Bellomo. A Palermo in stato di fermo anche Giuseppe Vitale. In generale a tutti sono contestati i reati di associazione mafiosa, sequestro di persona, estorsioni.
Bellomo avrebbe aiutato il cognato, Francesco Guttadauro, e Patrizia Messina Denaro a mandare avanti gli affari della cosca. Quando nel dicembre 2013 per entrambi scattarono le manette, Bellomo si sarebbe sobbarcato il peso del lavoro sporco. Un lavoro sporco che ha consentito e consente a Matteo Messina Denaro di restare latitante, potendo contare su una fitta rete di protezione. Anche in questa operazione ci sono i segni della presenza del padrino corleonese sul territorio. Segni impalpabili rappresentati da pizzini e conversazioni via Skype.
Bellomo avrebbe contribuito a garantire ad imprese riconducibili o vicine alla famiglia mafiosa il controllo di importanti commesse edilizie. Ad esempio quelle nell’ambito della costruzione del centro commerciale Aventinove di Castelvetrano. Dall’operazione viene fuori lo spaccato di una mafia trapanese forte che dialoga con le cosche palermitane, in particolare con quelle di Brancaccio e Bagheria, storicamente legate al latitante che in quei territori ha trascorso alcune parentesi della sua latitanza.
Di fatto Bellomo sarebbe stato il leader di un braccio armato a disposizione di Francesco Guttadauro. Un braccio armato e pronto a tutto. Anche alla violenza. Dall’assalto ad un deposito in amministrazione giudiziaria a Campobello di Mazara alla spedizione punitiva per recuperare il bottino di una rapina. Quando c’era da fare valere il peso della famiglia mafiosa Bellomo sarebbe intervenuto alla testa di un gruppo di cui avrebbero fatto parte uomini di Corso dei Mille e Brancaccio. Tra questi Leonardo e Rosario Cacioppo, Salvatore D’Angelo e Calogero Giambalvo.
Fonte – LS e LS-
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