L’iter in Parlamento non è finito, ma ecco cosa è destinato a cambiare per le nuove famiglie
Con l’approvazione al Senato del maxi-emendamento al ddl sulle unioni civili l’Italia fa un passetto avanti sul fronte dei diritti per le coppie omosessuali, pur con delle rinunce di sostanza, come quelle sulla stepchild adoption, che hanno spaccato il dibattito. L’iter della legge non è comunque finito, perché il testo è atteso alla Camera, dove comunque non sono all’orizzonte sorprese sul fronte dei numeri e dove non si replicherà quanto visto nelle scorse settimane al Senato.
Cosa sancisce quindi la legge passata al Senato, in termini di nuovi diritti?
In primis, per le persone dello stesso sesso, l’istituzione dell’unione civile come specifica formazione sociale, attraverso una dichiarazione di fronte all’ufficiale dello stato civile; l’unione risulta quindi negli atti dell’archivio dello stato civile. Tra i diritti che si riconoscono, quello sulla scelta del cognome comune tra i due cognomi dei contraenti; un’opzione che va espressa all’ufficiale di stato civile che registra l’unione.
Le parti possono anche concordare l’indirizzo comune della vita familiare e fissare la residenza.
Rientrano tra i doveri, ma al contempo fra i diritti, anche l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale, ma anche alla coabitazione; spetta poi alla coppia contribuire ai bisogni comuni, in base alle rispettive possibilità.
Alle coppie che si uniscono in unione civile, vengono riconosciute, al fine di assicurare la tutela dei diritti effettiva, quelledisposizioni che si riferiscono al matrimonio e che riguardano i coniugi per come previste dalle leggi e dai regolamenti e dagli atti amministrativi tranne nei casi in cui si tratti di norme del codice civile “non richiamate espressamente nella presente legge”. Le coppie hanno quindi diritto alla reversibilità della pensione, all’eredità (compresa la legittima), al subentro dei contratti e al diritto di accesso alle graduatorie delle case popolari, al congedo matrimoniale e agli assegni familiari, alla cura e alla decisione sulla salute in caso di incapacità del partner.
Alle coppie si riconosce ovviamente anche il diritto di sciogliere l’unione, sempre dinanzi all’ufficiale di stato civile, dandone avviso tre mesi prima.
Diritti infine, anche per i conviventi di fatto, gli stessi che spettano al coniuge in vari contesti: si va dai casi previsti nell’ordinamento penitenziario al diritto di visita, assistenza e di accesso alle informazioni in caso di malattie e di ricovero. Prevista inoltre la possibilità di designare l’altro come rappresentate con poteri limitati o pieni in caso di malattia, per le decisioni in materia di salute, o in caso di morte, per quanto riguardo ad esempio la donazione di organi. I conviventi di fatto godono anche dei diritti di successione dei contratti o di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, laddove il compagno venga a mancare, per un periodo pari ad almeno due anni. Infine, in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro convivente gli alimenti, in proporzione alla durata della convivenza.
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