ALCAMO – Vito Nicastri e i suoi familiari sono stati assolti, dalla sezione penale del Tribunale di Trapani, dall’accusa di evasione fiscale, perché “il fatto non sussiste”.
Il processo scaturiva dalla famosa operazione della Guardia di Finanza del 2010, quando a Nicastri vennero sequestrati 1,3 miliardi di euro di beni, poi definitivamente confiscati qualche anno dopo. Si trattava di un vero e proprio impero fatto da 43 società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, 100 beni immobili fra ville, palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette “disponibilità finanziarie” fra conti correnti, depositi, titoli, fondi di investimento e polizze assicurative. La vicenda ha finito per coinvolgere anche la moglie, i due figli, la cognata ed il fratello a cui erano intestati alcuni dei beni riconducibili all’imprenditore.
L’evasione fiscale contestata nei reati di dichiarazione infedele ed omessa dichiarazione riguardava i redditi dichiarati da tutti e 6 i familiari dal 2006 al 2010. Il giudice Gianluigi Visco ha determinato che, per quelli dal 2006 al 2009 si è in presenza dell’estinzione del reato essendo maturato il termine di prescrizione mentre per quanto concerne l’Irpef non dichiarata nel 2010, l’imposta sulle persone fisiche, è stata determinata l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Le motivazioni di questa decisione saranno depositate entro i prossimi 30 giorni.
Tuttavia, nel frattempo Nicastri aveva già conciliato con il Fisco; secondo quest’ultimo l’evasione fiscale era pari a ben 26 milioni di euro e a conclusione della conciliazione Nicastri pagò 3 milioni.
La storia di Vito Nicastri. Ascesa e caduta di un elettricista e “Signore del vento”
Tra le dodici persone arrestate nel corso dell’operazione antimafia denominata “Pionica”, diretta dalla Dda di Palermo e condotta da Carabinieri e Dia, spicca l’imprenditore alcamese Vito Nicastri.
“IL SIGNORE DEL VENTO” – Non è la prima volta che Nicastri – 61 anni – viene arrestato, e non è per nulla un insospettabile. Da tempo l’imprenditore alcamese definito qualche anno fa dal Financial Times come “Il signore del vento”, è considerato dagli investigatori dell’antimafia come un prestanome di Matteo Messina Denaro, ma a differenza di altri imprenditori che all’apparenza sono dei self made man, – Giuseppe Grigoli, “Re dei supermercati” o Rosario Cascio “ Re del cemento”, ai quali è stato sequestrato un ingente patrimonio riconducibile al boss di Castelvetrano – Vito Nicastri, che ha subito il più grande sequestro di beni nella storia italiana, patrimonio valutato in un miliardo e 300 milioni di euro, è quella figura nuova, oggi identificabile in una “cosa grigia”, che è riuscito ad inserirsi nel tessuto economico siciliano e non solo, in particolare quello legato al settore dell’energia pulita, del quale è diventato un vero dominus. Uno che non prende ordini da nessuno, che ha creato le condizioni per poi realizzare i parchi eolici o fotovoltaici, riuscendo a tessere una rete fatta di relazioni non solo con il mondo malavitoso ma anche con quello politico.
LE ACCUSE – Da anni gli inquirenti accusano Nicastri di “contiguità” con i clan che si sarebbe tradotta in comunanza di interessi, fiancheggiamento e scambio di reciproci favori. In ogni zona d’investimento Nicastri avrebbe trovato un partner criminale: da Matteo Messina Denaro, nella provincia di Trapani; a Salvatore e Sandro Lo Piccolo nel palermitano; agli ‘ndranghetisti di Platì, Africo e San Luca. In questa ultima indagine ci sono le dichiarazioni del pentito Lorenzo Cimarosa, primo pentito della famiglia Messina Denaro, nel frattempo morto, che lo indicano come uno dei finanziatori della latitanza del boss castelvetranese. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi.
DA ELETTRICISTA A “SVILUPPATORE” – Ma vediamo qual è la storia di Nicastri. Nel 1973 non ancora diciottenne, frequenta l’ultimo anno di ragioneria. Dopo il diploma inizia a lavorare come socio-agricoltore nella cooperativa “La gioventù”. Insieme ai suoi due fratelli inizia a lavorare come elettricista e idraulico in alcune aziende di installazione e manutenzione di impianti elettrici. Agli inizi degli anni novanta la prima inchiesta a suo carico. Una storia di corruzione dalla quale è uscito quasi indenne raccontando delle tangenti pagate ai politici per costruire impianti di energia solare. Nel 1994 Nicastri svelò ai magistrati della Procura di Palermo il grande business che ruotava attorno al fotovoltaico. All’epoca disse di aver pagato tre miliardi delle vecchie lire al segretario particolare dell’assessore all’Industria. Quei soldi servivano per assicurarsi i finanziamenti che ruotavano attorno all’installazione degli impianti e finanziare le campagne elettorali del PSI. Grazie alle sue confessioni Nicastri ha patteggiato una condanna a un anno e sei mesi.
Nel 2000 esplode il business degli impianti per la produzione alternativa di energia elettrica (fotovoltaico ed eolico), Nicastri c’è e diventa uno “sviluppatore”, una figura esclusivamente italiana che programma tutto ciò che occorre per realizzare questi impianti di energia rinnovabile, sia dal punto di vista tecnico che economico. Nel giro di pochi anni diventa il leader nel settore a livello nazionale.
Tra il 2002 e il 2006 ottiene il più alto numero di concessioni in Sicilia per costruire parchi eolici per un migliaio di megawatt, poi rivendute ai principali operatori del settore.
OPERAZIONI “EOLO” E “VIA COL VENTO” – Nel 2009 scatta l’operazione “Eolo” che svela i retroscena delle connessioni affaristico-mafiose per la realizzazione di alcuni impianti eolici nel territorio di Mazara del Vallo: il nome di Nicastri compare tra le compravendite delle società coinvolte nell’indagine. Nicastri è rimasto coinvolto e arrestato anche nell’operazione “Via col Vento”, condotta dalla Procura di Avellino. I reati contestati erano quelli di truffa consumata e tentata in danno dello Stato, finalizzata al reperimento di finanziamenti pubblici per la realizzazione di parchi eolici.
IL SEQUESTRO – Il 13 settembre 2010 la Direzione Investigativa Antimafia sequestra a Nicastri beni per un miliardo e trecento milioni di euro. Scattano così i sigilli per 43 tra società e partecipazioni societarie legate al settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, 100 beni immobili fra ville e palazzine, terreni e magazzini, 7 fra autovetture, motocicli e imbarcazioni e 66 cosiddette «disponibilità finanziarie» fra conti correnti, depositi titoli, fondi di investimento, polizze assicurative.
“BROKEN WINGS” – Nel 2012 l’imprenditore di Alcamo viene arrestato nell’ambito dell’operazione “Broken wings” per un giro di mazzette chieste ai colleghi per l’apertura di impianti di energia eolica. Si comincia ad associare il nome di Nicastri a quello di Matteo Messina Denaro, anche per un pizzino che riportava la scritta: “Nicastri di Alcamo ok”. Secondo gli inquirenti Nicastri sarebbe al centro di un triangolo dove i soggetti contraenti sono gli imprenditori, la politica e la mafia. L’organizzazione mafiosa (principalmente quella della provincia di Trapani, con una diramazione che arriva fino alla ‘ndrangheta calabrese) autorizza l’impresa ad operare sul proprio territorio e il politico a gestire l’affare, ricevendone in cambio la tangente.
RAPPORTI CON LA POLITICA – Se negli anni ‘90 i “contributi” del “re dell’eolico” vanno al Psi, nel 2008, le attenzioni dell’imprenditore vengono rivolte nei confronti di Riccardo Savona, deputato regionale Udc e presidente della commissione Bilancio dell’Ars, a cui vengono effettuati tre bonifici da 5 mila euro. Tra le altre relazioni politiche intrattenute da Nicastri c’è anche quella con l’onorevole Mimmo Turano. Quando avviene il mega sequestro del patrimonio di Nicastri, l’informativa inviata al Tribunale di Trapani dalla Direzione Investigativa Antimafia contiene un apposito paragrafo, che accompagna il sequestro, dedicato all’allora Presidente della Provincia di Trapani. Turano nel 1992 è stato per quattro mesi amministratore unico e socio della “TEMA srl”, una società di costruzioni dove figurava anche la prima moglie di Nicastri, Pasqua Lucchese. Nel 1994 è stato sindaco effettivo nella Tea srl, sempre nel settore dell’edilizia. L’azienda è stata costituita a seguito della liquidazione di un’altra società, “La Sout Fork”, il cui presidente dell’assemblea era Giovanni Ditta, commercialista trapanese, indicato dagli investigatori come soggetto vicino a Matteo Messina Denaro e al boss trapanese Vincenzo Virga.
VOLO D’AFFARI IN TUNISIA – A conferma dei rapporti tra Turano e Nicastri c’è anche un viaggio d’affari in Tunisia a bordo di un aereo privato. Turano è ancora deputato regionale e membro della commissione Attività Produttive all’Ars. A quel viaggio partecipano Vito Nicastri, Gioacchino Lo Presti (futuro presidente della Megaservice e nel consiglio di amministrazione dell’Airgest), Filippo Inzerillo (in seguito anche lui nel Cda della Megaservice), F. B. (imprenditore dell’eolico il cui nome è comparso tra le compravendite delle società coinvolte nell’operazione Eolo) e Davide Fiore, socio in diverse attività con Nicastri. Di quel viaggio non si saprà nulla, tuttavia c’erano già alcuni componenti della cabina di regina della futura amministrazione Turano: Lo Presti come presidente del consiglio di amministrazione delle Megaservice in compagnia di Inzerillo e Davide Fiore in qualità di Assessore allo Sport e Turismo.
CONDANNE – A febbraio del 2015 Nicastri è stato condannato dal Tribunale di Milano a 4 anni di carcere per omessa dichiarazione fiscale e truffa ai danni dello Stato. L’anno dopo, a marzo del 2016, la condanna è ridotta a due anni e sei mesi in appello per evasione fiscale ed è caduta, invece, l’imputazione di truffa ai danni dello Stato, che gli era valsa, insieme all’imputazione fiscale, la condanna in primo grado. La confisca di 10,8 milioni di euro è stata invece confermata. Il processo a Nicastri era nato da un’indagine della Procura di Milano su una compravendita, avvenuta in Lussemburgo nel 2008, della società Windco, che era titolare dei diritti per la costruzione di parchi eolici in Sicilia e che era stata acquistata dalla società belga Electrabel.
CADUTA DI UN IMPERO – Oggi dopo l’ennesimo arresto di Nicastri, di quell’enorme patrimonio accumulato dall’ex elettricista di Alcamo non rimane nulla se non qualche traccia qua e là. In una strada del centro storico di Alcamo, con vista panoramica sul Golfo di Castellammare, vi è quella che doveva diventare l’ultima mega villa dell’imprenditore. I lavori di ristrutturazione sono stati lasciati a metà. Così come non sono stati terminati i lavori di una sala di ricevimenti «Il giardino del sole». Due esempi della caduta dell’impero di un self made man e della vita lussuosa che gli ha permesso di ospitare sul suo yatch a vela, oggi confiscato, il cantante Marco Masini, in occasione della festa di compleanno della figlia. Secondo gli investigatori, l’impero economico creato da Nicastri è frutto oltre che della sua intraprendenza e capacità imprenditoriale anche dell’appoggio di Cosa nostra e soprattutto del sostegno di Matteo Messina Denaro.
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