Se a volte vorreste ingoiare una pasticca piuttosto che mettervi ai fornelli, è in arrivo dagli Usa la risposta ai vostri problemi di tempo ed energia. La startup californiana Soylent ha raggiunto i 3 milioni e mezzo di dollari di finanziamenti, tra crowdfunding e investimenti privati, e ha iniziato la commercializzazione di un novel food altamente tecnologico, messo a punto da un giovane programmatore con l’ambizione di fornire a tutti un pasto equilibrato, sostenibile, sano, economico e veloce. Per circa 3 dollari a porzione, Soylent ci dà in un sorso tutto quello di cui abbiamo bisogno. Si tratta di una polvere che bilancia la giusta dose di carboidrati, fibre, grassi buoni, vitamine e minerali; si allunga con acqua e diventa in un secondo un beverone beige registrato dalla Food and Drug Administration come alimento, e non come integratore (non era mai successo prima). Il “cibo del futuro” vuole dare una scelta veloce a chi ha una vita indaffarata e non ha tempo di cercare o cucinare un pasto sano, ma anche – magari – contribuire al dramma della fame nel mondo e del sovrappopolamento.
Il problema è che uno studio giapponese ha mostrato che la bevanda-pasto darebbe seri effetti collaterali nei mammiferi. La ricerca è dell’università di Tohoku, ed è stata condotta sui topi. Sottoposti a una dieta a base di Soylent, questi hanno sofferto di alti livelli di glucosio nel sangue, ipertensione e addirittura comportamenti anomali. Come è possibile? Soylent rispetta i canoni del pasto nutrizionalmente perfetto, da tutti i punti di vista.
Pare che una responsabilità stia nel fatto che l’alimento è liquido: masticare sarebbe fondamentale per il sistema digerente. Ma la verità è più complessa e ci dice che ancora, purtroppo, la scienza della nutrizione è una scienza primitiva. Non abbiamo idea di come faccia il corpo ad assorbire i nutrienti, e tanto meno conosciamo l’effetto di un nutriente sull’organismo – ad esempio di una vitamina o di un minerale – se viene isolato in laboratorio e assunto senza i restanti nutrienti presenti in un vero alimento. Infatti, è ormai accertato che gli integratori di vitamine indeboliscono l’organismo: quel che in natura – e unito ad altri elementi – ha un effetto benefico, diventa inutile o dannoso se isolato chimicamente. La vitamina E degli integratori, per dirne una, si è dimostrata capace di aumentare il rischio di tumore alla prostata, mentre la vitamina D di sintesi alzerebbe il rischio di tumore al polmone nei fumatori. Di conseguenza, ogni innovazione nel settore nutrizione è un’innovazione che si basa su conoscenze troppo esili per risultare utile e sana.
Ma la risposta migliore sul perché Soylent è destinato al flop, direi che l’ha data il New York Times, che in un articolo paragona Soylent a Uber, la app che gestisce una rete di trasporti. A pochi giorni dalla commercializzazione di questo prodotto teoricamente rivoluzionario, la stampa Usa ha preso di mira Soylent fondamentalmente perché ci allontana da uno dei più godibili piaceri della vita, il cibo. Ma il vero problema di Soylent – scrive chi l’ha provato – è che ci dà solo banale efficenza. Tutto, in questo drink – dal colore, al gusto, allo scopo – parla di funzionalità, e nulla di piacere. Anche se offrisse un nutrimento perfetto e completo, Soylent dà l’idea di una punizione noiosa, di un prodotto senza emozioni né divertimento, ovvero l’esatto contrario di un’innovazione coinvolgente come Uber. Il successo planetario della app non è legato alla praticità, o all’economia, quanto all’emozione di sentirsi il centro dell’universo: un’auto arriva a prenderti dove sei, l’autista ti porta dove vuoi, e quando scendi non devi metter mano al portafogli, come se la città fosse tua. Insomma, al contrario di Soylent, User piace perché non vende convenienza, ma intangibile piacere.
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