Sono pochi gli ambiti nei quali il confine tra salute e malattia o intenzione, abitudine e compulsione è così sottile come nel gioco!
A ben vedere i giochi possono rappresentare una formidabile occasione di crescita della personalità, laddove però il rapporto tra competenza e rischio sia adeguato; trattasi ad esempio degli scacchi che insegnano “il senso della previsione…la cautela attraverso l’osservazione dell’avversario…l’attenzione ed il saper aspettare…” (Benjamin Franklin) .
Diverso è invece il rischio che si corre nel caso dei giochi che alimentano speranze illusorie o possibilità salvifiche come i poker-machines, il lotto, il superenalotto, i “gratta e vinci” o le scommesse nei centri appositi. In questi casi giocare diventa la principale fonte di eccitazione e di rilassamento che finisce per dominare tutti gli aspetti della vita di una persona, comportando una gran quantità di conseguenze nefaste per il giocatore e per la famiglia di riferimento, proprio come nei casi di dipendenza da alcol o da sostanze stupefacenti.
Ma se gli effetti di quest’ultime sono ormai conosciute grazie alle molte campagne di sensibilizzazione promosse negli anni, altrettanto non si può dire della dipendenza da gioco, amplificata anche dalle politiche liberali adottate dal governo, mirate a fare cassa e ad accontentare certe lobby, piuttosto che a tutelare la salute e l’integrità del cittadino.
Il passaggio da giocatore “occasionale” a “compulsivo”….
Ciò che accomuna tutti i giochi d’azzardo è “l’incertezza dell’esito”, nonché la possibilità della scommessa che determina “la vincita o la perdita” che, a loro volta, possono rinforzare o indebolire il desiderio di scommettere nuovamente.
Inizialmente si gioca per trovare alleviamento alle sensazioni di ansietà, depressione, rabbia, noia o solitudine. Il gioco viene usato per sfuggire da crisi o difficoltà in quanto provoca un effetto analgesico.
Il giocatore da occasionale diventa così, nel tempo, compulsivo, attraverso un quadro che si sviluppa lungo un continuum:
da giocatore occasionale diventa abituale fino a diventare giocatore a rischio ed infine compulsivo.
In questo processo è evidente una progressiva perdita della capacità di porre dei limiti al coinvolgimento nel gioco insieme a perdite economiche frequenti e sempre più vistose, fino ad un totale assorbimento, sempre più esclusivo, della persona nell’attività di gioco.
E’ stato segnalato il caso di uno di questi giocatori che, nell’andare ad assistere la moglie che stava partorendo, viene “distratto” dai videopoker del bar al piano terra dell’ospedale, dove rimane a giocare per 10 ore di seguito, ricordandosi del lieto evento solo quando il neonato aveva già diverse ore!!!
Evidente risulta quindi l’effetto alienante del gioco, di vera e propria estraniazione da se stessi, che porta l’individuo alla perdita del senso di realtà, della percezione del tempo ed in alcuni casi anche di se stessi.
Il problema sopraggiunge soprattutto quando il giocatore non riesce a resistere alla tentazione di giocare che si manifesta in alcuni casi anche con sintomi somatici quali: un generalizzato stato di tensione che si allevia soltanto se si ritorna a giocare, lasciando spazio prima, ad una sensazione di piacere e subito dopo, al rimorso, all’autoriprovazione, nonchè al senso di colpa.
Il giocatore patologico crede nei suoi metodi di gioco, è convinto di possedere i mezzi e le capacità necessarie per vincere sul caso e sebbene all’inizio abbia fatto regolarmente delle vincite, a breve o a media scadenza finirà col perdere sempre più frequentemente, e ad ogni perdita si accompagnerà la convinzione, sempre più intensa, di essere sul punto di vincere.
A questi livelli il giocatore ha bisogno di trascorrere molto tempo giocando, arrivando spesso a mentire alla famiglia, agli amici, per occultare l’entità del proprio coinvolgimento nel gioco, nonché gli ingenti debiti in continua crescita di cui ormai è succube.
Quando il giocatore occasionale è “a rischio” di dipendenza dal gioco?
Di seguito elenchiamo alcuni dei criteri dell’ Associazione Americana di Psichiatria (DSM-IV R) che possono essere dei riferimenti importanti per la verifica di rischio in cui si trova il giocatore, sia per gli stessi giocatori che per familiari e amici:
– Il giocatore si sente preso dal pensiero del gioco;
– Il giocatore ha bisogno di mettere in palio somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitamento desiderato;
– Il giocatore fa degli sforzi ripetuti, ma infruttuosi, per controllare, ridurre o arrestare le sue attività di gioco;
– Il giocatore, per via del gioco che lo domina, mette in pericolo o perde una relazione affettiva importante o un lavoro;
– Il giocatore mente ai membri della sua famiglia o ad altre persone, per dissimulare l’ampiezza reale delle sue abitudini di gioco.
Ma…la dipendenza da gioco si può …vincere?
E’ una vera e propria scommessa! Riuscire ad uscire dal circolo vizioso dentro il quale il giocatore è incastrato è la scommessa più difficile anche per il giocatore stesso!
Entrare nel circolo vizioso della dipendenza da gioco è infatti facile, mentre uscirne alquanto difficile, un po’ perché il giocatore spesso non riconosce il problema, tendendo anzi a sminuirlo e un po’ perché la vergogna, il senso di colpa e il rimorso hanno la meglio, costringendolo al silenzio e alla negazione del problema.
La cura el “gioco patologico” si compone di una serie di interventi psicoterapeutici, di natura cognitiva e comportamentale che, nella stragrande maggioranza dei casi, richiedono l’ ausilio farmacologico; contempla inoltre tempi lunghi, con possibili ricadute, difficili da sostenere e da attraversare.
Pertanto “giocare” non è un “gioco da sottovalutare”, quanto piuttosto un rischio sul quale non vale la pena…scommettere!
Dr.ssa Mazzara Milena Dr. Domenico Ferrara
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